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Bologna, gli infermieri gestiranno le dimissioni ospedaliere

Sanità pubblica Redazione DottNet | 07/11/2018 21:32

Daranno una mano a gestire ricoveri e degenze collaborando con ospedale e territorio. Primo esempio in Italia

Evitare ricoveri non necessari, ridurre le giornate di degenza e facilitare le dimissioni dei pazienti anche con problemi sociali, puntando sulla valutazione e il coordinamento degli infermieri, in collaborazione con medici di ospedale e territorio e assistenti sociali: questi gli obiettivi raggiunti dal progetto dell'Infermiere di continuità avviato dall'Ausl di Bologna dal 2014, e presentato  a Roma alla prima Convention del Management della sanità organizzata dalla Fiaso (Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere). Un esempio, come più di un addetto ai lavori ha spiegato, per tutta la sanità italiana che così potrà in parte sostenere la carenza di medici

"L'infermiere di continuità è una figura che lavora in una squadra multiprofessionale con gli assistenti sociali ospedalieri, per le dimissioni difficili, cioè per tutti quei pazienti che necessitano di assistenza dopo la fase acuta - spiega Manuela Petroni, responsabile del progetto - Il gruppo lavora insieme ai Punti di coordinamento dell'assistenza primaria, che si occupano di promuovere la presa in carico del cittadino sul territorio di residenza". Avviato nel 2014, il progetto è partito con alcuni ospedali privati accreditati per la fase post acuta, e poi allargato a tutte le strutture private accreditate del distretto.

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"Quando il paziente entra in post-acuzie - continua Petroni - l'infermiere della struttura fa una valutazione, e se riscontra un rischio medio-alto, lo segnala al Punto di coordinamento dell'assistenza primaria, che a sua volta attiva l'Infermiere di continuità". Quest'ultimo fa una valutazione del paziente, del suo contesto familiare, e insieme con gli operatori del reparto e del territorio decide se può essere dimesso a casa, o se non è possibile, di mandarlo in una Rsa. Visti gli effetti positivi di questa prima fase, si è deciso di continuare il progetto e da un anno è stato allargato anche all'Ospedale Maggiore di Bologna con i pazienti in fase acuta, cercando di evitare il ricovero, quando possibile, mandando i pazienti sulla rete territoriale.

"I risultati generali sono positivi - prosegue Petroni - Per le post-acuzie siamo riusciti a far scendere le giornate di degenza media da 20 a 18 giorni, e a ridurre le proroghe di ricovero. C'è stata inoltre più soddisfazione sia da parte dei pazienti, che dei loro familiari, per essere stati coinvolti e ascoltati". All'Ospedale Maggiore, nei reparti di Pronto Soccorso, Osservazione breve intensiva e Medicina di urgenza, su 143 pazienti intercettati, 121 sono stati dimessi, attivando dei percorsi di assistenza domiciliare socio-sanitaria o mandandoli in residenze per anziani non autosufficienti. Infine sono stati sviluppati dei percorsi veloci per la fornitura di ausili, come materassi e letti, di accesso a strutture residenziali e di aiuti socio-sanitari a casa.

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